Il codice deontologico
Cari lettori, vorrei affrontare con voi un tema che mi ha sempre fatto riflettere e allo stesso tempo ha suscitato in me una certa aspettativa.
Sebbene nello scenario europeo, anzi mondiale sia sempre stata data attenzione a tale tematica, in Italia ancora persiste il vuoto.
Vi ho abbastanza incuriosi?
Spero di sì e al contempo spero che la pensiate in modo non dissimile dal mio, ravvisandone una grande utilità oltre che un’esigenza. Sto parlando della creazione di un Codice Deontologico per politici, parlamentari e senatori.
Sebbene siano state presentate numerose proposte, ispirate a principi d’imparzialità e trasparenza, per elencare regole di condotta per gli eletti, finora in Italia nessun risultato è stato concretamente raggiunto.
Facciamo un piccolo passo in dietro e cerchiamo di comprendere cosa s’intende per Codice Deontologico.
Si tratta di un corpo di regole, liberamente e democraticamente scelte e approvate dai professionisti, alle quali devono uniformare il loro comportamento.
In particolare il termine deontologia fu coniato per la prima volta da Jeremy Bentham nel 1834 nell’opera Deontology or the Science of Morality e deriva dal greco δέον -οντος (deon) e -λογία (loghìa), che tradotto, letteralmente, vuol dire ”studio del dovere”, in altre parole la trattazione filosofica – pratica delle azioni doverose e la loro collocazione.
Sin da subito può comprendersi l’importanza di una simile raccolta di apparentemente semplici seppur complesse e dettagliate regole di comportamento.
Sebbene il codice deontologico non rappresenti una fonte primaria del diritto, (e per questo forse poco considerato, almeno in apparenza!) esso ha carattere extra giuridico e impegna e vincola i membri del gruppo professionale di riferimento al suo rispetto.
Quasi tutte le categorie professionali oggi possiedono un Codice Deontologico di riferimento, un insieme di regole comportamentali che coadiuvano il singolo professionista nello svolgimento corretto, sano e costruttivo della propria professione, accrescendo la sua professionalità e la sua responsabilità nei confronti dei colleghi e dei clienti.
Ebbene a oggi in Italia non esiste un corpo di norme così strutturato, non esiste un insieme di regole di condotta per i parlamentari, anche se è proprio la nostra Costituzione a richiamarne l’importanza, infatti, l’art 54 cosi recita: “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”.
Pertanto, se dovessi dare un mio parere su come organizzare questo insieme omogeneo di norme, di certo cercherei di focalizzare l’attenzione su alcuni aspetti, ad esempio indicherei le norme di comportamento dei deputati, come già detto, ispirate a valori di correttezza e imparzialità, specificando le procedure per garantire il loro rispetto; richiederei trasparenza e pubblicità (in accezione positiva, intesa come veicolo di conoscenza e non come strumento per colpire e criticare comunque il lavoro altrui) delle attività dei deputati, in particolare le attività finanziare, in modo da prevenire eventuali situazioni di conflitto di interessi, casi di ineleggibilità, temporanea incandidabilità, incompatibilità, etc…, assicurando procedure di accertamento delle infrazioni commesse e della conseguente applicazione di sanzioni.
Mi domando. Perché tutte o quasi tutte le professioni vengano regolamentate da un Codice Deontologico e la professione di governante, delicatissima e di grande responsabilità, non possiede uno strumento simile? Come mai ad oggi non si è provveduto alla creazione di un corpus di norme che potesse anche guidare i politici a fare meglio il loro delicatissimo e oneroso lavoro?
I miei interrogativi, cui non so ancora dare una risposta, sono sorti perché non comprendo come mai una tale professione, che richiede grandi responsabilità, obblighi e doveri nei confronti non solo delle istituzioni ma principalmente nei confronti dei cittadini, venga lasciata quasi al caso. Come se venisse considerata non una professione, o meglio non tale da meritate un codice deontologico.
Perché un medico, un avvocato ed esempio possiedono un codice etico e un politico invece no?
Tutti hanno grandi responsabilità, tutti devono rispondere del proprio operato, nessuno si può esimere da questo.
A seguito di una ricerca ho appreso come in tanti Paesi, in Europa in particolare, tale argomento abbia sensibilizzato un po’ tutti, tanto da condurre a regolamentare ed attenzionare tale professione.
Infatti, mentre in Italia la corruzione dilaga e le riflessioni sull’adozione di un Codice di condotta dei parlamentari non trova ancora una concreta realizzazione, in Francia ad esempio il Code de déontologie è stato approvato dall’Assemblea nazionale nel 2011, invece in Germania, pensato nel 1972 ed emendato nel 2013, l’Allegato al Regolamento del Bundestag, contiene norme del codice di condotta dei parlamentari tedeschi; anche nel Regno Unito la condotta dei membri delle Camere è rinviata a codici di comportamento regolamentati dai cd. “sette principi della vita pubblica”, enunciati nel 1955 dal Cometee on Standard in Pubblic Life.
Insomma questa mia idea, seppur già presente nelle menti di alcuni, non ha trovato ancora oggi una sua concreta realizzazione.
Se per alcuni sembrerà semplice quasi banale, per me è geniale. E questo sapete perché? Perché a volte le cose che sembrano ovvie in realtà non lo sono.
Una classe politica è chiamata ad agire nell’interesse di una Nazione, con obiettivi per le future generazioni, a dare un’immagine il più possibile credibile agli altri Paesi nel mondo e dovrebbe dare l’esempio di correttezza e lealtà, si ritrova con le spalle scoperte, senza un riferimento e una guida.
In questo sta il paradosso, proprio nel fatto che non ci sia un codice etico cui fare riferimento nei vari casi concreti, nelle varie situazioni che possono e che inevitabilmente avvengono, come dimostrano i fatti cui assistiamo quotidianamente.
In conclusione, come sosteneva Sir Wiston Churchill. “ Il politico diventa uomo di stato quando inizia a pensare alle prossime generazioni invece che alle prossime elezioni”.
A voi questo ulteriore spunto di riflessione, con uno sguardo lungo sulle aspettative del futuro che ci aspetta.
Alla prossima!
Federica Dolce