Spigolando tra le macchiette di Navarro. Con una pièce teatrale di Licia Cardillo di Pima

Il saggio di Licia Cardillo Di Prima Spigolando tra le macchiette di Navarro esplora in modo puntuale e capillare, l’esperienza francese navarriana che investe gli anni che vanno dal 1964 al 1973 e l’opera Macchiette parigine, senza dubbio la più interessante della produzione letteraria di Emanuele Navarro Della Miraglia. Dall’acuta disamina dell’opera da parte dell’autrice, frutto di anni di studi, di ricerche e di consultazione di fonti scientifiche, emerge una sensibilità non comune del Nostro nel vagliare aspetti, situazioni e personaggi della società borghese parigina e, nel contempo, si fa luce sulla sua attività, le sue frequentazioni, la considerazione di cui godette negli ambienti culturali dell’epoca, durante il suo soggiorno parigino. Il merito di Emanuele Navarro -a detta dell’autrice- non solo è quello di averci consegnato un affresco socioculturale della Parigi del Secondo Impero, ma di averci delineato, attraverso la lente d’ingrandimento della macchietta, un caleidoscopio di personaggi della società colta e aristocratica parigina, con tratti a volte grotteschi e deformati. Tra le righe dei bozzetti sembra cogliere il respiro dell’autore e il suo temperamento irrequieto, alla ricerca di una salda identità che, da Sambuca, paese dell’entroterra siciliano, si avventura, per una sua vocazione decisamente transnazionale e cosmopolita, nella Parigi decadente e simbolista. Prendendo l’avvio dall’analisi della vicenda umana e artistica dello scrittore, l’autrice punta il suo sguardo su alcuni dei venti ritratti oggetto delle macchiette parigine scegliendoli tra scrittori, artisti, politici alcuni dei quali, per il linguaggio affilato e dissacrante che il Sambucese adopera nel delinearli, sono dei veri e propri capolavori di arguzia e ironia. In alcuni di essi, inoltre, c’è un riverbero delle molteplici sfaccettature del carattere del sambucese che, simile ad un prisma che rifrange una policromia di luci, si rispecchia in una variegata campionatura di alter-ego paragonabile alla strategia narrativa di Pessoa nelle cui opere poeti e scrittori che sostengono tesi opposte altro non sono che proiezioni del suo io dissociato. Ma quale la vera identità di Emanuele Navarro Della Miraglia? Licia Cardillo la delinea nella prima parte del saggio attraverso l’incastro sapiente di vari tasselli tratti da alcune produzioni letterarie navarriane come il racconto Un nuovo romanzo in cui sotto le sembianze dello scrittore Gabriele Tarducci, «cortese, riservato, rispettoso del bon ton» l’autore sembra rispecchiare sé stesso. E ancora un tassello emerge dalla prefazione di Donnine in cui il sambucese nel sintagma «Io non so cosa sono, ma in ogni tempo ho cercato di esprimere coscientemente il mio pensiero»evidenzia la consapevolezza che l’identità è un concetto mutevole e soggettivo, in continuo divenire, rivelandosi precursore della poetica pirandelliana. E un altro aspetto della sua personalità emerge dal racconto I denti della signora Piccalunga in cui il Nostro, sembra essere speculare di «quel principe spodestato per via delle ristrettezze»che, al caffè Biffi con Verga, Capuana e Pirandello disputa di donne, se si pensa all’ altisonante nom de plume Della Miraglia di cui si era insignito. E dal racconto Come fu tratto dalle Storielle siciliane emerge un altro aspetto del suo alter ego affascinato «dalle donne aristocratiche, fatue, languide, capricciose». Ne Le macchiette parigine tutte le identità suddette sembrano convergere e ricomporsi in virtù del ruolo che il sambucese riveste, di critico letterario, per cui l’autore si arroga la responsabilità di affondare la sua penna nei meandri più reconditi dei personaggi oggetto d’indagine con una foga irrefrenabile e con uno stile tagliente, essenziale, incisivo che rispecchia appieno le contraddizioni di coloro che pone sotto la sua lente d’ingrandimento e di cui coglie, con onestà intellettuale, il talento e la specificità. I personaggi maschili de Le macchiette parigine presi in esame da Licia Cardillo sono quelli di Sthendal, Courbet, Barbey D’Aurevilly, in cui si riscontrano altre connotazioni della poliedrica personalità di Emanuele Navarro. Nei tratti caratteriali con cui l’autore ritrae nell’opera Sthendal come facilmente irritabile, permaloso, sempre di opinione diversa a quella degli altri, già Natale Tedesco aveva enucleato una proiezione del sé, mentre dai bozzetti di Courbet e Barbey D’Aurevilly, personaggi che il Nostro, per motivazioni diverse, pone sotto accusa, emerge il suo amore per il lusso e per il mondo aristocratico parigino in cui, pur tacciandolo di vacuità e apparenza, si immerge con voracità. Il peccato di Courbet, secondo il sambucese, è quello di avere scelto, nelle sue rappresentazioni, un realismo proletario e provinciale, non della borghesia cittadina, mentre ritraendo Barbey D’Aurevilly come ‘una caricatura ambulante’ che «si tinge, si dipinge » egli vuole simboleggiare l’uso sconsiderato dell’apparenza e della vita lussuosa parigina. Nel saggio però l’attenzione di Licia Cardillo si focalizza soprattutto sui bozzetti in cui Emanuele Navarro ritrae le donne dell’aristocrazia parigina da cui viene ammaliato dalla bellezza ma anche dall’intelligenza, dal genio, dal talento. Ed ecco zampillare dalle pagine delle macchiette due donne controcorrente, emblema di emancipazione, di seduzione, di genialità, George Sand e Sarah Bernard che vengono indagate ed esplorate nelle pieghe più intime.  È una George Sand di cui il Nostro ridimensiona il mito tracciandone un ritratto che segue le turbinose vicende della vita dell’autrice sottolineandone l’irrequietezza, l’inquietudine, la volubilità. Pur non approvandola moralmente perché fuori dalle righe per l’abbigliamento maschile, gli amori, la condotta, il Nostro riconosce che la signora Sand ha dato prova che si può essere donna e avere del genio. In un periodo in cui critici e scrittori nutrivano molti pregiudizi nei confronti della donna intellettuale – scrittrice e lo stesso Barbey scriveva che: «les femmes qui écrivent ne sont plus des femmes (trad: le donne che scrivono non sono più donne)» simile alla scrittrice netina Mariannina Coffa che, in una lettera al suo Ascenso affermava che: «lo scrivere rende le donne disoneste», Emanuele Navarro, pur non discostandosi molto dai suoi contemporanei, ne riconosce le qualità e la genialità. I tempi, di fatto, nel diciannovesimo secolo non erano ancora maturi per le donne talentuose le cui opere, erano giudicate più che per il loro valore, dall’appartenenza di genere. La scrittrice, comunque, viene esaltata da Emanuele Navarro che la giudica molto positivamente dal punto di vista letterario come si evince dalle seguenti parole di ammirazione: «il suo ingegno ha lasciato sgorgare, senza mai affievolirsi una lunga serie di opere stupende”. Un altro ritratto femminile molto intenso è quello di Sarah Bernard, l’ultimo delle macchiette, il personaggio più giovane della sua galleria e, probabilmente quello che più lo affascina. Già l’incipit della macchietta del Nostro è un’apoteosi, un panegirico del personaggio: «È una tra le riproduzioni del tipo femminile eterno; riunisce in sé i difetti e le qualità della donna moderna». Segue il riconoscimento del suo talento di interprete, sulle scene e nel cinema muto, dei più grandi capolavori di scrittori francesi e non, compreso il nostro D’Annunzio. Navarro ne coglie appieno le peculiarità che la contraddistinguono rendendola così originale «[…] tutto quello che dice sembra che sgorghi dall’anima; ella dà alla poesia l’intensità delle sue impressioni […] senza che parli il suo gesto esprime il pensiero». Come George Sand, Sarah Bernard ha un’indole irrequieta e la sua figura, piena di irregolarità ha un incanto, asserisce Navarro: «che non si spiega, un’attrattiva a cui non si resiste». Il suo ritratto, come fulmen in clausola si chiude con una profezia negativa «Assetata di fama […] la sua gloria sarà fugace e passerà come quelle comete che splendono all’orizzonte e che poi scompaiono senza lasciare traccia». Probabilmente il Nostro ritrae le due donne con pennellate così intimistiche e articolate perché si specchia nella loro irrequietezza, nel loro amore per il lusso e per la vita agiata e ne è indiscutibilmente folgorato dalla bellezza e dalla genialità.  E un altro profilo di donna a cui viene dedicato un breve ritratto in controluce si trova nella macchietta dedicata ad Alexandre Dumas figlio; si tratta di Alphonsine Plessis in arte Maria Duplessis che ispirò ad Alexandre Dumas figlio, la dame aux camelias. Nella seconda parte del saggio fa bella mostra di sé uno stralcio della pièce teatrale scritta da Licia Cardillo e ispirata ad un racconto di Emanuele Navarro già citato I denti della signora Piccalunga. Protagonisti della pièce, intrisa di umorismo e ironia, sono i più grandi scrittori siciliani dell’Ottocento Verga, Capuana e Auteri che, in un’atmosfera goliardica ed allegra, interagiscono con George Sand e Sarah Bernard di cui l’autrice, con dialoghi serrati e chiaroscurali e con piglio originale ma nel complesso fedele ai bozzetti macchiettistici, scandaglia l’animo, con linguaggio sinestetico ed iconografico. Il saggio, tout court, nel suo insieme, costituisce un’opera da cui da oggi non si può prescindere per ulteriori ricerche ed approfondimenti sulle macchiette parigine navarriane e costituisce un ponte di congiunzione tra l’esperienza parigina e quella siciliana di Emanuele Navarro Della Miraglia e un indubbio riconoscimento degli apporti della cultura francese del Secondo Impero alla cultura italiana di cui, senza dubbio, il Nostro fu tramite indiscusso. L’autrice ha anche il merito di avere stilato un saggio di facile consultazione che concorre ad arricchire l’esigua saggistica inerente le Macchiette parigine facendo emergere, tramite notizie e riflessioni tratte da fonti scientifiche, il profilo umano e letterario dello scrittore, la sua complessa identità, i suoi alter ego di cui alcune macchiette sono specchio. Dalle osservazioni e attente riflessioni di Licia Cardillo emerge un Emanuele Navarro puntiglioso raccoglitore di documenti, che fotografa la realtà analiticamente, che è maestro nel rendere atmosfere, nel catturare vizi e virtù, nel ritrarre i personaggi nella loro interezza indagandone il carattere con la sua vis polemica e il suo sorriso ironico e distaccato. Con una lingua chiara ed efficace, dal ritmo cadenzato, Licia Cardillo ha trasfuso le pagine del saggio, di rilevante importanza nel panorama letterario odierno, del lirismo che le è congeniale attraversandole del suo spirito critico e del suo sguardo curioso o, per dirla con Pessoa: «di una poetica di sensazioni».  

Mariza Rusignuolo

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