Il fuco non muore di Salvatore Nocera Bracco

Un noir mediterraneo dalle voci ossessive

Il “Fuco non muore” è un noir mediterraneo che narra la Sicilia attraverso un caleidoscopio di suoni, sapori, odori, tradizioni. Luoghi più o meno reali assumono un ruolo fondamentale nel romanzo di Salvatore Nocera Bracco, trasformandosi, tra storia e mito, in chiavi interpretative del flusso dialogico dei personaggi. Il romanzo, dallo stile ibrido, si configura come un testo drammaturgico- narrativo. La voce di un narratore esterno guida la storia attraverso descrizioni e digressioni che offrono al lettore indizi utili ad individuare possibili verità. Non è un caso che l’opera si apra con una riduzione teatrale del romanzo “Le ragioni del fuco”; un atto unico che prepara il lettore ad una drammaturgia della scena drammatizzata su carta.

Augusto Leoni è l’attore principale di una trama polifonica complessa, capace di mescolare narrazione e copione teatrale. Soprannominato Camula, perché la sua ostinazione s’insinua come un tarlo capace di perforare le apparenze. È figlio di contadini emigrati in Venezuela e poi rientrati nella loro terra. Leader naturale, sogna di cambiare il mondo partendo dall’università. In competizione con lui c’è Alfredo, ricco e figlio di potenti. Ma gli idealismi degli studenti non sono tutti uguali: alcuni non sono che travestimenti opportunistici, maschere pirandelliane indossate per ottenere vantaggi occulti senza esporsi troppo. Augusto ne pagherà le conseguenze, costretto su una sedia a rotelle a vivere un passato che si traduce in un ossessivo presente, all’ombra di un profumato eucalipto. L’ex studente nel ricostruire a tratti la sua storia attraverso le voci che giornalmente lo visitano, ricorda per certi versi la narrazione episodica e frammentata di Zeno Cosini. Alfredo, Alma, Ludovico e Andrea, sono amici scomparsi ma ancora presenti, con le loro voci ossessive occupano abusivamente il cervello del protagonista. Ad ascoltare questo flusso frastornante di pensieri, ci sono Adele, la moglie, e Ilario il suo migliore amico e neuropsichiatra che non abbandona Augusto, cercando d’impedire a quelle presenze interiori di ammorbare l’inconscio di un uomo tradito.

Augusto condivide a voce alta con l’amico medico queste “conversazioni” interiori, generatrici di nuove prospettive, nelle quali si riflettono le teorie di pensatori come Martin Buber: l’essere umano, non è autosufficiente, è la relazione a renderlo tale.  Non a caso l’autore si richiama anche a quel pensiero dialogico analizzato da Charles Fernyhough, capace di guidare e alimentare processi creativi ed evolutivi. Una forma di energia liberatoria che, se condivisa, può riscattare da un passato/presente opprimente. Ne emerge una storia complessa, in cui fuchi e regine mantengono un sottile equilibrio tra vita e morte. Ma Augusto, fuco tra i fuchi, avrà un altro destino e lo confiderà anche a noi, tra le pagine fitte delle sue ossessive voci interiori.

Marisa Di Simone

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