Profili di tempo e d’anima di Domenico Pisana
Se dovessi definire la silloge di Pisana la definirei ‘Vita di un uomo’ perché tutta la raccolta è un ripiegarsi su sé stesso per darsi delle risposte esistenziali, un soliloquio con la propria anima, nella ricerca di sé e del senso della vita. Le sue liriche, infatti, si snodano attraverso coordinate spazio-temporali che scandiscono le fasi della sua vita. Tutta la sua poesia si focalizza intorno a due tematiche essenziali, l’anima e il tempo, quel Tempus rapax senecano che inesorabilmente trascina nel suo scorrere uomini e cose e attorno a cui si è concentrata la ricerca di filosofi e letterati, quel tempo che scandisce la nostra vita dall’infanzia, alla giovinezza, alla vecchiaia e in cui ci si interroga sull’essenza della vita, sulla ricerca del trascendente e che ci fa riflettere sulla caducità dell’esistenza umana. Quel tempo che è stato oggetto di speculazione filosofica per molti filosofi da Eraclito a Parmenide, a Platone ad Aristotele e ancora a S. Agostino che rivoluziona il concetto di tempo come Kronos, come moto degli astri e come misura del movimento e lo definisce ‘estensione dell’anima’. Per misurare il tempo occorre, a detta di S. Agostino, scrutarsi nell’interiorità per cui il tempo diviene ‘distentio animi’ ed è questo connubio che, a leggere in profondità le sue liriche, Pisana tenta di esplorare. Nella visione agostiniana il tempo diventa una dimensione soggettiva e l’autore, nella silloge, di cui già il titolo è indicativo, Profili di tempo e d’anima, tenta una interrelazione tra anima e tempo, il tempo vissuto da lui in cui si sovrappongono e si avvicendano Kronos e Kairos che connotano la prima parte della silloge. Il tempo si dilata così in emozioni diverse del suo percorso esistenziale e diviene tempo della gioia, del dolore, della memoria, della ricerca del divino in fasi che segnano la ciclicità della sua vita e che diventano un modello di ‘distentio animi’ per i fruitori della sua silloge. L’infinito del tempo si dipana nell’infinito dell’anima e nella dimensione dell’illimite si integrano in un abbraccio metafisico. La parola poetica diviene così, in mano al poeta, definito ‘artigiano di parole’, il tramite per scandagliare il proprio animo, per cantare ‘le note dissonanti’ del suo io, per raccontare il suo ‘urlo di silenzio’, per dare un significato e un senso alla vita e all’esistenza con uno sguardo rivolto all’infinito, al trascendente. ‘Il rumore di parole’, dunque, per ricalcare una sua espressione, diventa il mezzo con cui leggere la sua storia, resa con la pregnante similitudine: «come fanciullo di sera/ le pagine di fiabe». Ed ecco affiorare dalla trama dei suoi versi la lirica dedicata alla nipote Greta, che apre la sua silloge con l’immagine di una nuova vita, una nuova anima in cammino, che percorrerà il suo Kronos, vivrà la sua ‘fiaba di fanciulla’ che lui spera di guidare e di accompagnare ancora per molto tempo e di vederla ‘contare le stelle’. Una coltre di speranza suggella la chiusa della lirica con l’augurio di vederla camminare serena e libera ‘con l’aquilone nel cuore’. Il dipanarsi del tempo è scandito da immagini della giovinezza raccontate sul filo della memoria e le luci del passato si riflettono sul suo volto in: «un riverbero di pianti lontani /che scuote il sonno della notte». La narrazione è condotta in un continuo oscillare tra i ricordi del passato («[…] penso ai tempi della scuola/ mentre il mio corpo si curva») e il presente e all’autore non resta che prendere atto del tempo trascorso vedendovi riflessa l’immagine stessa della sua età («in me risuona l’inizio della fine / la forza si oppone al tramonto / sulle mie gambe malferme»). E il tempo ora è madido di giornate silenziose intrise di aspirazione all’oltre e all’infinito. E in questo anelito verso la trascendenza e la spiritualità si esplica la ferma convinzione dell’autore della manifestazione del divino ‘nei refoli di bellezza’ del creato: «in cui la mente si rincuora ed il senso del tempo si smarrisce». ‘L’eco di Dio’ si percepisce nel guardare un arcobaleno che provoca istanti di stupefazione, nel: «filo d’erba/ avido di frescura nel prato/, nel fiore d’oleandri/ accovacciati in fila indiana sul muri», mentre la sua anima si nutre di rarefatte atmosfere, del silenzio, del vento, dell’aria, del tramonto e della luna e nell’ascoltare attraverso flash back memoriali, ‘il murmure del mare/ che abbraccia l’orizzonte’. E in questo ‘sfogliare’ la sua storia si innesta un colloquio con sé stesso e con un Tu, artefice o, a detta dell’autore, ‘Respiro’ di quella bellezza tanto idoleggiata ed esaltata a cui il poeta confida la malinconia della sua anima, la dicotomia in cui si dibatte tra desideri implosi come ‘magma’ trattenuto di vulcano, tra infinito e finitudine, tra speranza e disperazione per un avvenire segnato da incertezze per la insensatezza dell’uomo nel combattere vane guerre e nell’inseguire vani miraggi di potere. L’autore si specchia in questo Tu: «Armonia di orizzonti, canto di fulgide bellezze, fiume di gioie» a cui chiede con insistenza convulsa in una spasmodica ricerca d’identità: chi siamo? E si auto risponde che siamo: «il filo di un viaggio senza ritorno».Il lessema bellezza torna tante volte nelle sue liriche, soffuse da una duplice bellezza, dei contenuti e della parola che si fa arte, arte della poesia, poesia pura che trasforma impressioni e sensazioni impalpabili trasferendole nella realtà visibile attraverso la passione per la parola poetica. Pisana è infatti un’artista della parola che diventa nei suoi versi musicale, vibrante, sinestetica, una polifonia musicale cantata con il suono ‘dell’arpa’ per ritrovare quell’allegria il cui: «ritmo si è fermato tra le pieghe dei ricordi», nei meandri di quell’inquietudineesistenziale già descritta da Pessoa nel suo libro dell’inquietudine. E allora l’autore vorrebbe una ‘forbice per tagliare il tempo’ ed indurre l’uomo a ritrovare una nuova melodia dell’anima ‘con l’arpa della fede’, ‘con il tempo della preghiera’, con la parabola dell’attesa, con il sogno in un mondo migliore che nutra ‘emozioni impossibili’. Costellano i suoi versi immagini evocative del trascorrere del tempo come la clessidra più volte citata, i paesaggi naturalistici che sono paesaggi dell’anima che hanno attraversato la sua esistenza. Tutte le tematiche, affrontate con grande vibrazione narrativa, ruotano intorno ai lessemi ricorrenti del sogno, la cui trattazione piuttosto che a Calderon de la Barca de La vida es sueno si avvicina al Quasimodo della raccolta La vita non è sogno ed esprime il valore etico dell’eterna ricerca della verità tra la vita e la morte nella convinzione che la vita è impegno sociale e lotta e va vissuta responsabilmente da tutti. Il poeta in una società siffatta, lontana dal faro di Dio, adombrata dalle guerre, dai disastri ecologici, dai naufragi degli immigrati in mare, non può che avere un ruolo sociale ed umano, quello di cantare la bellezza, la pace, la speranza, l’amore, ed è quello che in questa silloge ha fatto Domenico Pisana. Il testo dunque, non è solo un’analisi introspettiva di sé ma affronta un caleidoscopio di tematiche, da quella familiare della nascita dei nipoti, alla solitudine esistenziale, all’angoscioso enigma della vita e della morte, alla ricerca del divino, al mistero di Dio e dell’oltre e nella lirica Il filo d’un viaggio il poeta si fa portavoce di un suo desiderio e cioè che nel momento del trapasso desidererebbe che ‘a recidere il cordone’, sia atanatos dove l’alfa privativo è indice di immortalità. L’anima immortale sopravviverà alla morte del corpo in una ricongiunzione con quel Tu tanto cercato e trovato nella bellezza del creato: «nella trasparenza della luce, nell’operosità delle api, nella leggerezza delle foglie che bagnano di rugiada i sogni, là dove germoglia un fiore».Tutte le tematiche sono affrontate con grazia e leggerezza e concorrono a creare atmosfere rarefatte ed emotivamente intense. Leggendo le poesie della silloge sembra immergersi in certe immagini Wendersiane raffinate ed essenziali, frutto di una sensibilità non comune e di una storia di passioni multiple, per la vita, per la famiglia, per la natura e la bellezza, per un’insistente ricerca spirituale. Tutte le liriche hanno la parvenza di un canto polifonico dall’icastica architettura emotivo–spirituale in cui, il ricorso alla figura retorica dell’anafora, dell’enjambement, del climax ascendente, dell’analogia, della metafora conferiscono ritmo e musicalità ai versi con scelte lessicali culte. La lettura di queste liriche tout court, per il messaggio introspettivo, sociologico, antropologico che contengono, è un’esperienza di grande spessore umano e culturale che induce il lettore a considerazioni e riflessioni profonde sul senso e il significato dell’esistenza. Il messaggio dominante è quello che con l’avanzare dell’età, con il trascorrere del tempo, con il declino delle energie fisiche, le passioni, i sogni, i desideri continuano a vivere ma sulle incertezze e sulle nostre fragilità domina la speranza di una renaissence in un mondo migliore dove a dominare sia la serenità e il raggiungimento di un consapevole equilibrio interiore, dove l’attesa del domani non è vissuta con ansia ma come dono di un nuovo giorno. Con fervore profondo Domenico Pisana ha costellato le sue poesie di una varietà di ritmi e metri in cui si destreggia con grande perizia. I significanti si dilatano in significati profondi e il verso riproduce nel ritmo franto dei lessemi la sua ansia esistenziale. L’autore ha scandagliato il suo cuore con un processo di autoanalisi, nonché il cuore del creato e degli uomini stillandone, perricalcare Cechov, la musica e il tempo interiore. La vita è cosparsa di dubbi, di incertezze, di ricerca di sé, del divino, ma anche di passioni, di amore, di speranza che irrorano tutte le liriche attraversandole con ‘l’arte del non morire’ ossia con l’arte poetica come affermavano gli antichi greci, Dante e Baudelaire. Sembra che l’autore abbia fatto sua la lezione di tali poeti e, trasferendo nella sua silloge dal titolo Profili di tempo e d’anima emozioni dal trascendente al visibile, attraverso la parola poetica, ha dato voce ad esperienze gioiose che hanno attraversato la sua vita ma ha anche esorcizzato il dolore, la malinconia, l’assenza, regalandoci un’opera, per dirla con Pessoa, pregnante di una ‘poetica di sensazioni’.
Mariza Rusignuolo