Crepe – La recensione
Nella famosa canzone Anthem Leonard Cohen cantava “ C’è una crepa in ogni cosa ed è da lì che entra la luce “ . Il canto di Cohen è un canto di speranza, anche gli eventi più dolorosi hanno in sé la luce. Niente avviene per caso. Leggendo la Silloge “Crepe” di Igino Angeletti ciò che si manifesta all’attenzione del lettore è la luce che riesce a vedere fra le crepe della sua anima nella consapevolezza che il suo dolore non s’arretra, non le dà tregua se non durante la notte, quando il giorno cede il suo scettro alle tenebre ed è allora che l’autore trova la pace agognata nell’acquietarsi di quei pensieri turbolenti che annebbiano il suo vivere. Come scriveva Khalil Gibran “ per arrivare all’alba non c’è altra via che la notte”.
E’ intensa eppur inquieta la poesia dell’autore, soltanto le parole riescono ad illuminare il suo cammino e alle parole affida la speranza per lenire quelle crepe che la vita gli pone davanti.
Mi sporgo sulla prua come polena
aspiro il vento di maestrale
nella sera,
sollevo le speranze al grigio inverno,
altare freddo di tempesta..
E poi ancora:
Folle vola
un pensiero arrotolato su una piuma
a sbattere violento sulle strade….
….mi soffermo nel buio fra le luci
A godermi finalmente un po’ di pace…
Attraverso le parole il poeta assurge a nuova vita, quelle parole che diventano memorie
..ricorrono le voci nei ricordi
con brividi di urla sulla pelle..
….sorrisi degradati sottopelle
e crepe da leccare e far suture…
L’autore è vivo, ama con passione l’amata, s’inebria fra le sue braccia e si abbandona al suo amore, la sua è un’anima complessa, tormentata fra il dolore che l’opprime e la passione la quale riesce di tanto in tanto a vedere un lampo in mezzo ad un cielo terso per squarciare il gelo dei pensieri. L’uomo, per il poeta, è un granello di sabbia nell’immensità dell’universo consumato dal suo dolore, è guidato da un filo sottile nel quale resta ingarbugliato. La vita le riserva spini che disegnano ferite sulla pelle, ciò che resta è aspettare la fine del giorno per riflettere sul senso del proprio esistere.
I pensieri del poeta, che poi riflettono quelli dell’umanità, si avvolgono nel dolore per sciogliersi come spuma in riva al mare, egli vive su di sé il male del mondo, le guerre che trafiggono l’universo, la violenza di uomini su altri uomini e sulle donne, ma nonostante sia tutto così crudele la speranza di un mondo migliore non l’abbandona animata dall’attesa che l’uomo comprenda il suo status e rivolga lo sguardo verso il bene.
La parola è al centro del mondo riflette i pensieri dell’umanità, consente di comunicare ed è mezzo di arricchimento interiore, coglie il profumo del racconto e della conoscenza, l’ignoranza, di contro, è solo un verme che si insidia nelle menti umane. Ciò che colpisce nella poesia di Igino Angeletti è l’uso dei vari aspetti della natura, il vento, il mare, l’onda, gli alberi, le foglie, la sabbia ecc., tutto riflette i suoi stati d’animo come se avessero un’anima che attraverso l’uso della parola prendono vita, senza disperazione ma nella consapevolezza di un sentire universale e umano. Poesia profonda e consapevole come denuncia di una società corrotta dove imbonitori viscidi di bava cercano di farsi strada con l’inganno.
Il poeta si definisce dolore raccontato dentro i versi un dolore che viene da lontano impresso nei ricordi e nella memoria, quasi imprigionato in un passato doloroso che ritorna a dargli un senso d’impotenza verso il quale oppone la sua vita quando quel bagliore di luce esplode di fragori balenanti, di cielo che gli dà vigore nel continuare il suo cammino per risorgere come fenice iridescente e lasciare i vecchi giorni da perdente. Si avverte fra i versi la fugacità della vita, il tempo che va veloce ma nella sofferenza ritrova la sua libertà interiore che lo fa vivere controvento alla ricerca di quell’assoluto che c’è in ognuno di noi.
Igino Angeletti in tutta la Silloge esamina il dolore da più fronti, parte dalla sofferenza per dare spazio ad una vivida riflessione sulla vita e sul suo senso trasmigrando con il suo “io” da un presente in primo piano ad un passato di sogni perduti sempre presenti nella memoria. Il dolore alimenta la poesia, un dolore vivo, intenso, intatto che racconta la vita del poeta e le sue relazioni con il mondo che lo circonda. La scrittura si pone come una telecamera che riprende incessantemente i luoghi dell’anima facendo delle parole una forma di risalto contro i mali della società.
Rosa Maria Chiarello