Riparare o gettare? Una vita a tempo di Black Friday

Siamo diventati consumatori seriali, costantemente assaliti dall’ansia di fare affari. Alla ricerca del prodotto più vantaggioso e dell’offerta migliore.

Il Black Friday da evento circoscritto si è trasformato in uno stile di vita. Il tempo stesso sembra accelerato, scandito da una corsa continua all’ultimo affare, all’ultimo messaggio da inviare, da leggere o da ricevere. Esistono, tuttavia, iniziative però che suonano come un richiamo al rallentamento, alla riflessione. Una sollecitazione a ricordare che non siamo merce tra le merci e che il nostro tempo non può sempre essere misurato esclusivamente in base a scelte determinate da algoritmi consumistici. Essere identificati esclusivamente come consumatori riduce la libertà di scelta, eppure alcuni slogan pubblicitari continuano a parlare di persone oltre le cose. Ma chi siamo realmente?
Ci viene chiesto di risparmiare e, allo stesso tempo, di consumare, spendere, buttare via. In questa logica di contrasti inconciliabili, quale posto resta alla sostenibilità? Forse uno spazio rituale, scandito da date da calendario come il Buy Nothing Day (la Giornata del Non Acquisto), la Giornata nazionale del risparmio energetico e degli stili di vita sostenibile, la Giornata Mondiale dell’Ambiente, il Green Energy Day, la Giornata del risparmio, il Circular Monday. Occasioni pensate per ricordare problemi sociali o ambientali e, forse, per celebrare con buone azioni una ricorrenza simbolica. Ma queste date sono seriamente sufficienti a costruire comportamenti responsabili e abitudini sostenibili? Come si diventa consumatori consapevoli in modo strutturale e non episodico?

L’abitudine all’offerta, all’acquisto vantaggioso, anche se non necessario, richiederebbe un’economia consapevole, capace di generare valore attraverso un modello di mercato rispettoso dell’ambiente e responsabile socialmente. È una relazione imprescindibile, un binomio complesso che deve fare i conti con un ‘economia consumistica alimentata da desideri indotti, che spinge ad un flusso continuo di acquisti. L’altra faccia della medaglia è un consumatore disorientato da un’offerta eccessiva, indotto a comprare per necessità reali o artificiosamente create.  Il consumatore sensibile, attento alle scelte dei cibi da mettere in tavola, agli abiti da acquistare e ai mezzi di trasporto di cui fruire, è spesso un consumatore che può permettersi di scegliere. Può comprare prodotti a KM zero, generalmente più costosi, può preferire tessuti naturali scartando quelli sintetici, può decidere di riparare un oggetto anche quando il costo della riparazione supera quello di prodotto nuovo.


Diventa allora inevitabile una domanda: i comportamenti etici possono trasformarsi in abitudini quotidiane se non sono sostenuti da politiche pubbliche e da un sistema economico che li renda accessibili e praticabili per tutti?

Marisa Di Simone

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