Tra arte, scienza e storia: i fiori del Chiostro del Bramante

Flowers. Dal Rinascimento all’intelligenza artificiale” si configura come un viaggio simbolico in cui la natura e l’arte dialogano. Al Chiostro del Bramante, i fiori sono il filo conduttore di un percorso che fonde natura, arte e tecnologia, rivelandosi forma estetica, dispositivo simbolico e sentinella del nostro tempo.

La mostra multisensoriale è curata da Franziska Stöhr e Roger Diederen in collaborazione con Suzanne Landau, direttrice dell’Israel Museum. Gli spazi espositivi del chiostro accolgono oltre 90 opere provenienti da tutto il mondo, con prestiti di istituzioni come il Louvre e i Royal Botanic Gardens di Londra.

Protagonisti sono i fiori, simboli di rigenerazione, fascino e mistero. Artisti di epoche differenti li hanno rappresentati in opere che intrecciano memoria storica e visioni del futuro, sostenibilità e rinascita.

Dalle opere rinascimentali, agli erbari ottocenteschi, alla natura interpretata dagli algoritmi dell’arte contemporanea, la fragilità dei fiori costruisce una trama di significati che invitano alla responsabilità ed alla cura della terra.

In occasione della mostra è stata commissionata ad Austin Young, l’opera d’arte site specific “Temple of Flowers”. Una visione di paradiso in cui la natura trionfa, regalando bellezza ed armonia. L’installazione è visitabile nel cortile centrale del Chiostro del Bramante. Un porticato rinascimentale completato nel 1504, come parte della chiesa di Santa Maria della Pace. Lo spazio originariamente era dedicato alla riflessione ed alla preghiera quotidiana per i sacerdoti che vivevano in comunità. L’artista ha reinterpretato l’architettura del cortile e gli affreschi delle lunette con le storie della vergine Maria, immaginando un tempio contemporaneo dedicato al divino femminile. Un luogo in cui connettersi con il sacro, omaggio simbolico alla madre terra Gaia ed a Maria madre dell’umanità per i cristiani.

Nel loggiato superiore del chiostro, la mostra continua con un itinerario botanico, realizzato con la collaborazione di Coldiretti. Un giardino effimero a testimonianza del valore della biodiversità e della preziosa funzione del verde urbano per la vita degli abitanti cittadini.

Flowers è un viaggio esperienziale tra arte, scienza e tecnologia amplificato da un percorso olfattivo.

La profumeria CampoMarzio70 per l’occasione ha ideato delle apposite colonne dove sperimentare l’essenza dei profumi: fiori d’arancio, gelsomino, rosa e tuberosa. Il percorso olfattivo si conclude in una sala finale, dove le note floreali, armonizzate in un’unica fragranza dal maestro profumiere Luca Maffei, avvolgono tutto lo spazio espositivo.

I fiori non sono solo fragranza o ornamento, sono le sentinelle silenziose del nostro tempo. C’interrogano sul futuro del nostro pianeta minacciato dall’agricoltura intensiva, dall’inquinamento, dal cambiamento climatico, dal rischio di estinzione degli impollinatori, come le api.

Questi temi attraversano le cinque sezioni della mostra dedicate all’ecologia, al mito e alla fede, alla politica ed alla bellezza, fino alla conclusiva camera delle meraviglie. Ogni opera è descritta da didascalie e per i più piccoli le spiegazioni sono state semplificate e contrassegnate con una farfalla.

Possiamo riconciliarci con madre terra? È l’interrogativo che attraversa lo spazio espositivo dedicato all’ecologia. In questa prima sezione le opere esposte testimoniano la possibilità di creare ponti tra arte, scienza e biodiversità.

L’artista Tomas Gabzdil Libertiny ha esposto il progetto per la realizzazione della testa a nido d’ape dell’imperatore Adriano.

Con una stampante 3D ha realizzato una struttura in nylon a nido d’ape che riproduce la testa in bronzo dell’imperatore Adriano. L’ha introdotta in un alveare appositamente creato nei giardini del museo d’Israele di Gerusalemme, dove le api hanno completato l’opera ricoprendola con la loro cera.

Le diverse fasi progettuali, documentate nella mostra, rappresentano un tentativo di attribuire all’artista un nuovo ruolo: quello di mediatore tra l’intelligenza collettiva della natura e le tecnologie avanzate. Il risultato si manifesta come una possibile co-creazione sostenibile tra arte e natura.

La sezione successiva, “Mito e fede”, presenta una serie di opere che raccontano il profondo legame esistente tra umano e divino. Un mondo i cui fili narrativi raccontano storie di fede, sacrifici e speranze.

I fiori nel tempo sono diventati anche potenti simboli di protesta e resistenza. Il linguaggio dei fiori ha saputo esprimere le lotte e i desideri umani di cambiamento e libertà. Nelle sale espositive dedicate alla politica, i fiori testimoniano storie individuali e comunitarie di lotta ed emancipazione.

L’installazione “Blackfield”, creata dall’artista Zadok Ben-David, è un’esperienza immersiva poetica. Un’intera sala ospita un campo di fiori, minuziosamente realizzati in acciaio inciso. Ognuno di essi è stato ripreso da illustrazioni botaniche storiche per riflettere sulla fragilità e la resilienza della natura.

Nella sezione destinata al bello, ogni opera è un richiamo a riflettere sulla bellezza come valore universale. La bellezza non si lascia imprigionare in classificazioni rigide, attraversa il tempo e si modifica in mille sfumature. I fiori nella loro multiforme varietà rappresentano la bellezza nella sua complessità sconfinata.

Arte, tecnologia e natura trovano spazio nel percorso della Wunderkammer. È proprio qui che Miguel Chevalier esplora il confine labile tra natura ed artificio, attraverso un’installazione interattiva di realtà aumentata dal titolo, “Extra-natural”. Un giardino virtuale per riflettere attraverso la simulazione di una flora geneticamente modificata sulle implicazioni etiche e scientifiche derivanti dalla manipolazione genetica.

La mostra si conclude con l’installazione cinetica “Meadow”, 2024, di Studio Drift. Una serie di fiori sospesi ed illuminati da lampade led sembrano danzare seguendo il ritmo della musica. Il loro movimento riproduce il fiorire di un ciclo vitale che i viaggiatori possono ammirare distendendosi su un ampio divano.

In questa atmosfera sospesa, il dipinto preraffaellita “The Pilgrim in the Garden or Heart of the Rose” (1901) di Edward Burne-Jones,realizzato in collaborazione con William Morris, si offre come metafora di una ricerca interiore.

È un invito silenzioso ma urgente: continuare il viaggio dentro e fuori di noi, riconoscendo nei fiori non solo un’immagine di bellezza, ma un segnale fragile e necessario per ripensare il nostro rapporto con una natura sempre più esposta alla mercificazione.

Marisa Di Simone

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