Zingarelli, una storia e tante parole

Lo ricordo ancora con la sua copertina che profumava di carta e di curiosità. Ci accompagnava nei compiti a casa ed in classe. Alla scuola elementare, come si chiamava ai miei tempi, tra la lista delle cose da comprare per l’anno che cominciava, su suggerimento della maestra, c’era sempre il vocabolario della lingua italiana. Tascabile o corposo quando lo incontravi la mattina per strada in mano a qualche studente pensavi già ad un compito in classe. Era lo Zingarelli, per antonomasia il vocabolario della lingua italiana.

Ma chi era Zingarelli? 

Nicola Zingarelli, era un filologo, un linguista. Il suo amore per le parole era già evidente nella sua tesi di Laurea “Parole e forme della «Divina Commedia» aliene dal dialetto fiorentino”. Dopo avere perfezionato i suoi studi in Breslavia e Berlino, ed avere insegnato in alcune scuole, Zingarelli iniziò la sua carriera universitaria all’università di Palermo, come docente ordinario di “Storia comparata delle letterature neolatine”. Ma il pugliese filologo, nativo di Cerignola, deve la sua fama al “Vocabolario della lingua italiana”. Iniziò a lavorarvi dal 1912 e nel 1917 in collaborazione con gli editori milanesi Bietti e Reggiani che lo pubblicarono a fascicoli. 

La grande guerra ed i progressi scientifici non lasciarono indifferente Zingarelli che registrò con scrupolosità e rigore le novità della lingua italiana.  Tanti studiosi, professori diedero il loro prezioso contributo per fotografare un’Italia che cambiava, che si trasformava lasciandovene traccia nelle parole. Non è un caso se Zingarelli lo scrisse nella prefazione del 1922, pubblicata questa volta a volume. “E’ sempre avvenuto che le scienze mediche, fisiche e chimiche abbiano creato nuove parole o dato nuovo significato alle vecchie; ed è ben naturale che negli odierni mutamenti e progressi di esse, e della biologia, tutta una massa di parole nuove siasi aggiunta e altrettanta ne sia invecchiata e oscurata. Se in questi mutamenti e progressi l’Italia ha pur la sua onorevole parte, maggiore, naturalmente, l’hanno tutt’insieme le altre nazioni civili. […] Dolersi di una specie d’inondazione di cosiddetti neologismi, che parole straniere siano così penetrate facilmente nella nostra lingua, sarebbe come dolersi che il nostro grande paese partecipi a quel che fa il mondo per viver meglio, conoscer di più e cooperare a un comune benessere. C’è un vero e proprio vocabolario internazionale dei popoli civili. Solo bisogna augurarsi che la nostra virtù creatrice e rielaboratrice abbia sempre maggior vigore

Le tre edizioni successive (1925- 1928 – 1935) continuarono ad essere curate personalmente dal filologo pugliese. Nel 1941 la casa editrice Zanichelli acquistò il vocabolario curandone le ristampe e gli aggiornamenti, anche se la cadenza non sarà regolare. Soltanto dal 1994 l’edizione diventerà annuale. Nel 2015 alla nota scheda lessicale si aggiunsero le definizioni d’autore. Punti di vista, brevi riflessioni di personaggi rilevanti di vari settori della cultura. Amici e amiche della lingua italiana che condividono un loro pensiero in un particolare campo del sapere di cui hanno fatto esperienza.  Ed allora voglio ricordare la definizione che Giorgio Armani ha dato della parola Stile “È un termine breve, eppure come pochi sa comprendere, in uno spazio così ridotto, tanti significati. È qualcosa di evidente e, insieme, di sotterraneo, di silenzioso, ma anche di eloquente. Per me è un codice totale, che obbliga alla coerenza nel momento in cui chiede il lampo dell’inventiva, la sorpresa della creatività. A volte lo stile può essere una costrizione, una regola che tollera poche digressioni e cortocircuiti. Lo stile infatti ti fa riconoscere e riassume il gusto, le tendenze, le culture che animano il mondo. Il bello è che non è generale, pur essendo assolutista verso chi lo riconosce, ma democraticamente molto personale. 

Nell’edizione del 2026 la cantautrice Annalisa, la collezionista Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, l’editore Elisabetta Sgarbi, l’esperto di intelligenza artificiale Marco Baron hanno condiviso le loro riflessioni lasciandoci le loro definizioni d’autore. Corpo, collezione, editore, intelligenza sono rispettivamente le quattro parole che arricchiscono la nostra comprensione ed il nostro abitare queste parole. Perché le parole s’indossano ed acquisiscono significati che valicano la ragione per sconfinare nelle emozioni, nei vissuti di un popolo che esprime il suo esistere nella lingua. Ed anche nella nuova edizione non mancano l’introduzione di nuove parole strappate anche a realtà locali, come il termine Busiata. La tipica pasta trapanese che acquista cittadinanza nazionale come parola condivisa. Scelta che Zingarelli avrebbe sicuramente condiviso come si legge nella prefazione del 1922 “Quanto ai dialetti, non solo ho accolto le voci penetrate ora nel patrimonio comune della lingua, e molte già ce n’erano, ma soggiunto la parola dialettale se ha particolare diffusione e notorietà; naturalmente, dai, dialetti meglio conosciuti.”

Non resta che scoprire le altre parole della nuova edizione 2026, specchi di un’Italia che sviluppa la sua identità in continuo movimento a partire dalla lingua.

Marisa Di Simone

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *