Umberto Santino: l’uomo, l’intellettuale, lo scrittore, il poeta.
Umberto Santino, figura di intellettuale poliedrico, fondatore del Centro Siciliano di Documentazione Giuseppe Impastato, è sicuramente un πολίτης in senso greco, ovvero persona che ha ed ha sempre avuto il momento identitario chiave nell’impegno civile, nel servizio alla πόλις.Nel mondo antico grecamente un ιδιώτης o latinamente un privatus, era un individuo che viveva chiuso in una sfera privata e personale non partecipando alla politica, alle vita pubblica, occupato come era solo in affari privati. Questo stile di vita non è mai appartenuto ad Umberto sempre lontanissimo dall’essere e dal poter mai essere un privatus civis!
La silloge poetica “Appunti per un libro di versi” (Di girolamo editore, 2025), in primis, attesta tutto questo: nella raccolta di versi Umberto Santino c’è tutto nel suo essere un intellettuale engage, eppure sempre libero, nel suo essere un intellettuale non circoscrivibile facilmente in una etichetta che risulterebbe semplificatoria. Umberto è sociologo, ma anche mafiologo, criminologo, scrittore, letterato, umanista e poeta! E, tra l’altro, di un imponente silloge di cui ho sentito, da subito, la responsabilità e la difficoltà della decodifica in un’ermeneutica che potesse risultare esaustiva.
Infatti leggere le poesie di questa raccolta è stato un viaggiare nelle diverse stagioni di una vita intensa, costellata di eventi di questo straordinario intellettuale e colto pure assai!
Trovare il fil rouge della silloge è stato pure un intrigo perché tante sono le tessere d’una struttura musiva preziosa, tanti i toni della tastiera poetica che vanno dai più gravi ai più acuti. La tavolozza del poeta include tutti i colori dell’iride eppure davvero crea quella “pittura parlante”, sintagma questo con cui il poeta greco antico, Simonide di Ceo definiva la poesia e come pure da Orazio, nell’ “Ars poetica” ribadito in latino; i versi di Umberto sono, infatti, specialmente in alcuni momenti, orazianamente ”ut pictuta poesis”; ovvero diversi componimenti hanno la forza di lampanti e suadenti immagini che colpiscono immediatamente per restare così vivide ed emozionanti nell’immaginario del lettore. Il fil rouge è difficilmente reperibile per la compresenza di moltissimi fili che si intrecciano in una tessitura che ha un ordito unitario nonostante i diversi fili che lo compongono e che, nella loro differenziazione, sono la testimonianza della stratificata e articolata cultura, personalità, spiritualità nonché del popoloso immaginario dell’intellettuale e specialista di mafia, criminalità, dei meccanismi del potere, dell’antropologo, del sociologo, del commovente scrittore – anche a tratti autobiografico – di racconti tra ricerca delle radici eppure sempre curiosità del nuovo, del mondo e dell’umanità tutta.
Dal recupero memoriale U. Santino sottrae tanta storia e tradizioni a destini d’obliosa dimenticanza, come riesce a fare nell’opera “Le colombe sulla Rocca” ( di girolamo editore), con le sue microstrie dall’interno della Sicilia, tra spunti personali dello studioso attento alle tradizioni popolari. Così si accampano speculativi momenti di sapienza e antropologia ne “I giorni della peste” ( di girolamo editore) in cui il “festino” di Santa Rosalia è colto sempre tra storia, mito e spettacolo.
E poi, il suddetto”festino” è “smontato” con salace e sapida ironia, con digressioni su pesti reali o immaginarie (da Boccaccio a Manzoni, da Defoe a Camus).
Santino è scrittore anche di fiabe nelle quali si esalano – dai fondali del più classico repertorio – orchi, reuzzi e personaggi come Alice o lo stralunato Marcovaldo. Così anche cronache da santino vengono riscritte o solo immaginate sempre in bilico tra realtà viva e smagata fantasia!
D’altronde nell’intellettuale che conosco da sempre (“commilitone” pacifissimo e di antica data di papà mio) c’è, da un lato, il severo, puntuale chirurgico scienziato della politica, della mafia e del brigantaggio, poi c’è, dall’altro lato, la vena del sognatore utopico, lo struggente poeta di versi spesso sospesi in una dimensione fantastica, onirica in cui si ravvisa pure la bella “follia” del poeta come dell’intelligenza luminosa e divergente che non s’è fatta mai imprigionare tra grigie pareti d’alcuna parrocchia né laica né religiosa. Ma, a questo punto, colpisce e commuove il marchio a fuoco della formazione cattolica: il poeta zooma su situazioni che appaiono laiche ma di continuo le veicola attraverso parole, espressioni, nomenclatura dell’ortodossia cattolica. E con ciò restituendo a sé e al lettore, le forti matrici cristiane e gli ancoraggi alla religione cattolica.
La raccolta è una miniera dove reperire, quindi, esperienze culturali, formazione dell’uomo cattolico e di quello laico e assai libero. Libertà forte che solo un emancipante e consapevole percorso intellettuale ha permesso e reso possibile. Pertanto, se dovessi trovare un’immagine chiave di molte poesie direi che queste sono, ora, pitture che parlano, ora, istantanee fotografiche, ora sequenze dell’occhio filmico anche del bambino e del ragazzo Santino ritrovato, poi, dall’adulto consapevole nei suoi ritorni alle stagioni passate sul filo di struggenti recuperi memoriali; come nella ritrazione della madre ragazza sulla scorta d’una foto in cui la mamma appare in tutto il suo vigore di gioventù e la sua dolce inconsapevolezza del futuro.
Recuperare i luoghi dove il poeta è stato bambino o ragazzo significa viaggiare dentro se stesso, attraversarsi in un νόςτος che implica sempre un ritornare ad un mondo passato che esita sempre nella struggenza della nostalgia, nella sofferenza del recuperare, ma, solo col ricordo, la vivezza d’un tempo finito, la fisicità illusoria di cose care e perdute per sempre, riaccarezzate dopo tempo dalla penna memore e dal cuore di Umberto in cui nulla in verità si perde mai! Altro momento chiave della silloge è il motivo toccante d’una tragicità esistenziale che tutti ci apparenta ossia quella dell’essere, nessuno escluso, degli esuli “dalla vita”, dalle nostre esistenze che non sono, quasi mai, quelle che avremmo pensato sarebbero state. Si tratta di vite che ci restano, invero e sempre, un po’ estranee come, più che mai, in questo momento attuale. Siamo infatti in un momento storico che è un continuo incrudelire di guerre e ferocia disumana in cui è impossibile ritrovarsi, soprattutto per chi, da sempre ed ogni giorno – come U. Santino – ha coltivato aspirazioni di autentica fratellanza, di utopica giustizia e libertà, uniche garanzie, per Umberto, d’una vera pace possibile!
Antonella Chinnici