A Baravitalla le pietre parlano di storia

Avevo visitato il famoso parco archeologico di Cava d’Ispica tante volte. Eppure l’altro ieri ho provato un’emozione nuova e più intensa.  

A rendere più significativa la visita avrà contribuito sicuramente la presenza di due accompagnatori esperti, Paolo Oddo (direttore del mensile Dialogo) e Nini Giurdanella (reporter del giornale), ma anche la ruffiana complicità del tiepido sole autunnale, capace di dare piena visibilità alle singole pietre e far risplendere le variegate foglie delle erbe spontanee. 

A Baravitalla, il versante orientale della Cava che solca il territorio del comune di Modica, abbiamo scelto di soffermare la nostra attenzione su pochi monumenti. E di osservare tutto con calma, senza lesinare tempo alle opere che proprio il tempo ha modificato e conservato.

La necropoli di Baravitalla presenta disparati tipi di escavazioni che incuriosiscono ed affascinano. La tomba monumentale, detta del Principe, appartenente alla “facies” castellucciana, è però un’opera che suggestiona in modo particolare, fino a togliere quasi il respiro.

Dieci finti pilastrini scolpiti nella roccia calcarea rendono la tomba  maestosa ed imponente. E’ la tomba piu importante del sito, sicuramente costruita per accogliere i resti del capo tribù. 

Sorprende molto il risultato estetico del prospetto, ottenuto “togliendo” roccia; senza aggiungere niente e senza l’ausilio di strumenti particolari o collanti. Oggi gli storici dell’arte la definiscono, infatti, l’architettura “del levare”.

La struttura funeraria internamente è costituita da due ambienti separati: un’anticamera ovale e una camera funeraria a “forno”. Non meno affascinante è la chiesa di Sant’Ilarione, detta “la grotta dei Santi”. La chiesa rupestre, ricavata anch’essa nella roccia, è decorata da 33 deliziosi affreschi che rappresentano santi. E’ stato deludente vedere le preziose icone parzialmente rovinate dall’incuria e da ignobili atti umani.

Gli edifici sacri rupestri, comunque, testimoniano che Cava d’Ispica fu nel remoto passato molto abitata e che le popolazioni cristiane per sottrarsi alle persecuzioni si rifugiarono nelle grotte della Cava, riadattando e decorando con immagini sacre ambienti già esistenti.

Interessante è stata poi la visita dedicata ai resti della Chiesa di San Pancrati.  Il rudere di un antico edificio religioso bizantino si trova su un pianoro roccioso ed è caratterizzato da una pianta a trifoglio con abside e due celle laterali. 

L’imponente chiesa, risalente alla metà del VI secolo d.c, è una delle più antiche del comprensorio. Presenta tre navate delimitate da possenti mura, costruite utilizzando anche blocchi megalitici.

Nelle foto abbiamo avuto la fortuna di incorniciarla con un provvidenziale cielo azzurrissimo, ricco di bianche nuvole cumuliformi.

Baravitalla è comunque solo una porzione dell’imponente complesso archeologico di Cava d’Ispica, che custodisce necropoli preistoriche, catacombe cristiane ed abitazioni rupestri. 

Un sito di rilevante valore culturale, che venne definito dallo storico tedesco Adolf Holm, già alla metà del XIX secolo, uno dei maggiori insediamenti rupestri della Sicilia.

La lunga vallata fluviale, solcata dal torrente Pernamazzone nel corso superiore e dal Busaitone nel corso inferiore, variamente sagomata dagli agenti geomorfologici, ha il pregio di ospitare numerosissime escavazioni di varia tipologia ed una rigogliosa vegetazione, tipica della macchia mediterranea. 

Sono presenti interessanti erbe aromatiche ed officinali (nepitella, finocchio selvatico, cappero, origano e timo) che vengono da sempre ricercate dagli abitanti del luogo per vari scopi e che colpiscono il visitatore per i colori vivi e i profumi inebrianti.

Uno vero spettacolo per gli occhi e per l’anima.

Giuseppe Macauda

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