Roberto Lipari e l’arte gentile di raccontarsi
C’è un tipo di comicità che non urla, non forza, non cerca la battuta a tutti i costi. È quella che si muove in punta di piedi, che ti accompagna per mano dentro storie personali fino a renderle, in qualche modo, anche tue. Lo spettacolo di Roberto Lipari appartiene a questa categoria.
Sul palco, Lipari si è raccontato con estrema naturalezza, senza filtri: la sua infanzia, la famiglia, il nonno, i genitori, la moglie, il percorso scolastico, le porte chiuse in faccia, fino ad arrivare al presente, alla conduzione di “Striscia la Notizia”. Un racconto in prima persona che non è mai autoreferenziale, ma che diventa specchio, memoria condivisa, spunto di riflessione.
Non posso dire di essermi sentita travolta dall’emozione. Eppure, in quella narrazione asciutta e sincera, ho colto messaggi che meritano attenzione: il valore della famiglia, l’importanza di conservare i ricordi, la tenacia nel costruirsi un futuro, e perfino – tra le righe – un accenno, timido ma necessario, contro la guerra.
C’è poi un elemento stilistico che riconosco e apprezzo particolarmente: la sua scrittura circolare. Quel modo di costruire un racconto che sembra andare avanti ma poi ritorna, con nuovi significati, al punto da cui è partito. È una cifra che si ritrova anche nei suoi film, e che personalmente continuo a cercare ogni volta che scelgo di seguirlo, a seconda della tematica che desidero mi sorprenda.
Roberto Lipari non cerca lo spettacolo che abbaglia, ma quello che resta. Anche quando non emoziona fino in fondo, riesce comunque a lasciare una traccia. E in tempi in cui l’ironia sembra spesso diventare sarcasmo, la sua delicatezza è già di per sé un atto di coraggio.
Rosa Di Stefano