Le schiere angeliche nel paradiso dantesco
Le schiere degli angeli ricoprono nella Commedia un ruolo significativo e di grande pregnanza spirituale. Nel Paradiso, in particolare, gli angeli non appaiono singolarmente, ma in schiera e in coro. Nei nove cieli del Paradiso che ricalcano il sistema cosmologico aristotelico – tomistico, esistono vari tipi di angeli, nove per l’esattezza. Essi sono divisi in tre gerarchie che hanno la funzione, pur non intervenendo direttamente nell’azione, di essere entità intermedie tra Dio e l’uomo. Alla prima gerarchia appartengono i Serafini, Cherubini, Troni. Questi tre ordini superiori rivolgono lo sguardo direttamente a Dio e vivono completamente immersi in lui. I Serafini appartengono al più alto ordine di angeli, quello situato nel cielo Empireo o cristallino, il più prossimo a Dio, da cui ricevono le direttive con cui far evolvere un complesso cosmico. I Cherubini risiedono oltre il trono di Dio, nelle profondità del firmamento e hanno la funzione di rielaborare le intuizioni immediate dei Serafini traducendole in riflessioni e pensieri di saggezza riguardanti l’evoluzione dei sistemi planetari.I troni sono esseri angelici dalla forma mutevole. Il loro luogo spirituale è il settimo cielo corrispondente all’orbita di Saturno e il loro compito è quello di tradurre in opera la sapienza e il pensiero elaborato dai Cherubini. Alla seconda gerarchia appartengono: Dominazioni, Potestà e Virtù. Esse collaborano attivamente, attraverso l’amore e la contemplazione al piano di Dio. Le Dominazioni popolano il cielo di Giove. Loro dovere è coordinare i compiti degli angeli inferiori. Ricevono ordini dai Serafini, dai Cherubini o direttamente da Dio.Le Virtù popolano il cielo di Marte. Dalle loro azioni, dotate di fermezza, dipendono i grandi cambiamenti della storia. LePodestà popolano il cielo del Sole e si occupano di guidare l’evoluzione della terra verso una successiva epoca cosmica pianificando la distribuzione dei poteri all’umanità. Appartengono alla terza gerarchia i Principati, gli Arcangeli e gli Angeli. Essi vivono partecipando dell’atto stesso divino che crea e regge il mondo, al divenire del cosmo e alla storia dell’uomo. I Principati si trovano nel cielo di Venere e sono i principi il cui compito consiste nel guidare le anime beate verso Dio. Gli arcangeli si trovano nel cielo di Mercurio e sono così detti perché superiori agli angeli. Essi sono i più grandi consiglieri ed amministratori inviati dal cielo. Il loro compito è quello di ispirare e proteggere grandi gruppi di persone come nazioni, popolazioni, gruppi etnici. Gli angeli appartengono all’ordine più basso della gerarchia e sono collocati nello spazio cosmico più prossimo alla terra, il cielo della luna. Loro compito è custodire i singoli individui sovraintendendo a tutte loro occupazioni. Secondo un’antichissima dottrina le intelligenze angeliche muovono le sfere celesti. La sfera più vicina a Dio, il primo mobile, gira più rapidamente perché attratta dall’amore divino. Le schiere angeliche vengono ampiamente presentate nel canto XXVIII del Paradiso che descrive il Cielo cristallino o Primo mobile, a cui l’Empireo comunica tutte le virtù, che poi verranno distribuite nei vari cieli del Paradiso. Beatrice, dolce accompagnatrice, guida Dante alla scoperta di quegli esseri celestiali osannanti “Colui che muove il sole e le altre stelle”.
Il canto è tutto dedicato ai cori angelici e al loro rapporto con Dio. Dante sembra precorrere i tempi poiché immagina un coro di solenne grandiosità, un canto a nove voci, un coro antesignano di quelle colossali creazioni polifoniche che dovranno rappresentare più tardi l’apogeo della musica sacra cristiana. Egli ode “osannar di coro in coro” le tre gerarchie angeliche, ognuna composta di tre ordini celesti. Si ha dunque un immane coro in cui si sposano le voci di nove ordini angelici, ciascuno cantante una diversa melodia, che si armonizza e si fonde in modo da costituire una gigantesca polifonia a nove voci, simile a quelle diBach o Handel per la grandiosità della concezione, per l’equilibrio delle parti, per l’elevatezza dell’ispirazione. Al centro c’è Dio, ritratto come piccolo punto luminoso di luce acutissima, intorno a cui ruotano tutti gli angeli appartenenti alle tre gerarchie, sfavillanti come un ferro incandescente che sprizza scintille e, infinite luci angeliche girano intorno al punto luminosissimo, cantando “Osanna”, animate da un’unica forza motrice, l’Amore. A differenza dei cieli tolemaici, che si muovono tanto più velocemente quanto più sono distanti dalla terra, i cerchi angelici sono tanto più veloci quanto più sono vicini a Dio, fonte dell’Amore. I cori angelici più vicini a Dio girano più velocemente attratti dall’amore divino. Dante sottolinea la diversa dignità delle schiere angeliche, pur negli elementi comuni di luminosità e di canto: tutte fiammeggiano e tutte cantano a Dio “Osanna”. I cori angelici più vicini a Dio sono i Serafini e i Cherubini. Anche la diversa beatitudine tra i cori angelici dipende dalla loro maggiore o minore vicinanza a Dio. In questa visione Dante si ispira all’opera “De coelesti hierarchia” attribuita a Dionigi l’Areopagita, convertito da san Paolo e morto martire verso il 95 d.C. Le immagini dominanti nel canto sono quelle della luce e del moto, che sono atte a significare la spiritualità e il carattere etereo degli angeli. L’organizzazione gerarchica degli angeli è vissuta nell’amore e nell’armonia: in ciò la gerarchia celeste diviene un paradigma per la gerarchia terrena. Nell’ Empireo, sede di Dio e dei salvati, gli angeli sono posti in forma di Candida Rosa. Essi vanno da Dio ai santi, portando loro pace e ardore divino, e poi risalgono a Dio come sciame di api che, dopo aver attinto il nettare dai fiori, ritornano all’alveare. Mirabile appare la descrizione che fa Dante di questi angeli evidenziando che sono più di mille festanti e che ciascun di essi emana un fulgore indicibile mentre dai loro canti meravigliosi si effonde una bellezza che si rifrange nello sguardo di tutti gli altri santi. Citroviamo di fronte a un’alta poesia trascendente, dove gli elevati contenuti teologici si visualizzano in un quadro sinestetico di luci, canti, colori e, alla fine del suo viaggio, quando il coro delle schiere angeliche si quieta, la tensione conoscitiva instillata nell’animo di Dante dal desiderio d’amore viene placata. Dante è ormai consapevole di essere parte dell’armonia universale che si sublima nella condizione di raggiunta beatitudine a cui hanno contribuito le schiere angeliche con la loro funzione, la soavità e la dolcezza del loro canto. L’amore “che move il sole e l’altre stelle” ha consacrato l’essenza divina del suo poema.
Mariza Rusignuolo
