Viaggio silenzioso al museo “Terror Haza” di Budapest

Dalla dittatura nazista a quella comunista, il denominatore comune sono le vittime dei regimi totalitari, raccontate, testimoniate nel museo “Terror Haza” di Budapest “La casa del terrore”. Un documento toccante in cui la musica, i video, i documenti, gli oggetti emozionano i visitatori scuotendone la sensibilità.

L’esterno dell’edificio è un continuo richiamo alla memoria con le foto, disposte a metà delle pareti del museo, che ritraggono tutte le vittime della violenza. In alto, lungo il cornicione campeggia l’enorme parola Terror, è scritta al contrario perché possa essere vista anche dall’alto contro l’oblio, l’indifferenza, il silenzio. Il Palazzo neo-rinascimentale è opera dell’architetto Adolf Feszty e fu costruito nel 1880. Durante le due guerre mondiali, l’edificio fu prima sede del Partito delle Croci Frecciate, il partito fascista ungherese, e poi del partito comunista. La polizia segreta ungherese, nel periodo della seconda guerra mondiale, utilizzò le celle sotterranee della casa per torturare ed assassinare i disertori militari e molti ebrei.

La visita comincia al secondo piano del palazzo e prosegue verso i piani inferiori seguendo un ordine cronologico attraverso documenti, proiezioni, installazioni che raccontano la collaborazione dell’Ungheria con la Germania nazista e successivamente con l’Unione sovietica.

Il racconto museale si apre con la vista di due grandi pareti di granito: una di colore nero, l’altra di colore rosso, una accanto all’altra, perché i due regimi non sono differenti, negano diritti e libertà, uccidono il pensiero e reprimono le vite “Non ci sono vittime primarie e secondarie, ci sono solo vittime”

Subito dopo in un cortile interno è esposto un carro armato sovietico tipo T54, immerso in olio sintetico. Questo mezzo di morte fu utilizzato, nel corso della rivoluzione ungherese del 1956, per sopprimere le proteste contro il regime socialista sovietico. Un muro affollato di fotografie ricorda i cittadini ungheresi martoriati dalle dittature totalitarie.

Proseguendo nella visita del museo si attraversano diverse sale che documentano le nefandezze dei regimi totalitari. Nell’ultima parte del percorso si arriva alla sala che rievoca la rivoluzione del 1956. Un’installazione a forma di bara ricorda gli eroi caduti negli scontri, mentre sulle pareti gli schermi riproducono documentari dell’epoca ed interviste fatte ai rivoluzionari.

Il museo fu realizzato nel 2002 per volere del primo ministro Viktor Orban.

La casa del terrore è un museo/documento per non dimenticare che la libertà è conquista, impegno, responsabilità, attenzione continua perché non accada più.

Il museo è stato oggetto di polemiche per avere minimizzato il ruolo svolto dalle autorità ungheresi nella deportazione degli ebrei. Ma le critiche più aspre riguardano soprattutto l’intento generale del progetto che sembra porre sullo stesso piano i crimini del comunismo e quelli del nazismo. Ne emerge il ritratto di una memoria attraversata da tensioni, contrasti dove il passato rischia nuove narrazioni.

Marisa Di Simone

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